Birra dell’Eremo: l’artigianalità dell’Umbria

Birra dell’Eremo: l’artigianalità dell’Umbria

Il mondo della birra artigianale è in continua espansione, fatto di ricerca e ideali di qualità che abbracciano e sostengono il concept di una produzione che mira alla scoperta di nuovi modi di pensare la birra.

È il caso di Birra dell’Eremo.

Birrificio umbro nato nel 2012 ad Assisi dalla mente curiosa e dalla volontà di ferro di Enrico Ciani, il birraio che non ama definirsi o essere definito Mastro, ma la maestria e la cura nel suo operato restano di grande impatto tutte le volte che abbiamo avuto il piacere d’incontrarlo e di conoscere le sue birre.

Enrico nasce e cresce tra i lieviti, microscopici funghi, punti di partenza di processi fermentativi che andranno poi anche a caratterizzare il prodotto finale.

La creatività è dunque alla base di ogni manipolazione, che sgorga dalla mente fino a concretizzarsi poi nella produzione stessa.

È dall’osservazione sin da bambino del padre, microbiologo e grande studioso e appassionato di Spumanti, docente di Biotecnologia dei microrganismi e Biotecnologia delle fermentazioni dell’Università Politecnica delle Marche

che Enrico sperimenta i primi approcci di differenziazione di un prodotto in base al lievito utilizzato.

“Rituale domenicale era quello di stappare una bottiglia di spumante prodotto con un lievito diverso con sboccatura a la volee per studiarne il profilo”, -ci racconta con fare quasi nostalgico.

-È il birraio a fare il mostro, ma il lievito a fare la birra- è il mantra che sostiene l’operato di Enrico, che dalla produzione di birre, definibili “classiche”, come Saggia, una Blanche di frumento ad alta fermentazione, arriva a concepire la serie Non Conventional Yeats: frutto di cinque anni di lavoro, sperimentazioni e ricerca su lieviti non saccaromiceti ma facilmente adattabili ai processi fermentativi e in grado di garantire grandi performance.

Come nascono? Da uno studio su ben 500 diverse specie di lieviti differenti sino a giungere al punto di isolarne tre che fossero validi e utilizzabili al fine di produrre “birre canoniche, etichettabili e che incontrassero il gusto e le aspettative degli appassionati e non del mondo brassicolo” – aggiunge Enrico.

Quando si parla di lieviti validi, è chiaro che si fa riferimento all’adattabilità di essi al processo fermentativo del mosto di malto, anche e non solo in tempi ragionevoli, auspicabili intorno a 7/12 giorni.

Kluyveromyces Thermotolerans, Torulaspora Delbrueckii, Wickerhamomyces Anomalus.

No, non stiamo recitando delle formule d’Alchimia. Sono i tre ceppi di lieviti isolati che andranno poi a dar vita alle birre Talia, Dume,Kora e Madue.
Quest’ultima è una Sour Ale, la prima ad essere nata dalla sperimentazione. Brassata con il lievito Kluyveromyces Thermotolerans, non saccaromiceto, in grado di produrre una grande quantità di glicerolo e acido L-lattico durante la fermentazione che va ad acidificare il mosto, senza quindi l’aggiunta di batteri lattici, in grado di regalare un bouquet variegato e fresco di note floreali. In piena armonia con la caratteristica di questo lievito, è stata poi aggiunta della polpa di passion fruit che potesse ben sposare l’acidità del prodotto finale.

Talia è una Saison da Wickerhamomyces Anomalus, lievito non saccaromiceto che in fermentazione sprigiona sentori tipicamente riconducibile allo stile stesso della birra: pepe e agrumato. Ecco la scelta ponderata di aggiungere zest e camomilla che donano acidità e freschezza, con una chiusura che richiama la scorza di limone.

Dume è una Blood  orange wheat ale che inocula il Torulaspora Delbrueckii, non saccaromiceto , una birra di frumento con aggiunta di succo di arancia rossa. Il lievito in questo caso produce una esterificazione molto buona, si avranno poi note di frutta matura e floreali molto fini.

Kora, è una Gose, stile molto antico e tipico di Lipsia che prevede l’aggiunta di sale, coriandolo e lactobacilli. Come Madue utilizza il Kluyveromyces. La differenza con la Gose classica, chiaramente, non prevede l’aggiunta di lactobacilli, già prodotti dal lievito come sopra spiegato. Si ha invece l’aggiunta di ibisco che garantirà un bellissimo colore rosato della birra e un’esplosione di profumi floreali.

Birra dell’Eremo ha prodotto però anche altre sperimentazioni che, soprattutto a noi sommelier appassionati, piacciono e richiamano grande inventiva: ecco che si ha l’unione del mondo brassicolo con quello vitivinicolo dando valore ad entrambi i mondi con due IGA (Italian Grape Ale):  Selva Sour (che utilizza mosto di Sauvignon Blanc e affinamento in botti del medesimo) e Genesi (20% di Verdicchio) medoto Classico.

Genesi,
in particolare, utilizza il mosto di Saggia, la birra Blanche sopra citata e il 20% di Verdicchio, vitigno autoctono marchigiano molto versatile, dal grande potenziale d’invecchiamento e dal corredo varietale molto persistente e dai richiami minerali e sapidi.

Genesi è prodotta ad alta fermentazione, non filtrata e non pastorizzata. Riposa un anno in bottiglia con i lieviti dello spumante dopo aver fatto 3 mesi di maturazione in acciaio. Si effettua il Remuage per raccogliere i depositi di lievito, eliminati poi con cura con la sboccatura e l’aggiunta finale di liqueur d’expédition. Parliamo quindi di una Birra Brut metodo classico che si presenta visivamente con una schiuma compatta e dal “merletto” molto elegante, poco persistente ma tipico delle Ale, un giallo dorato pieno e ambrato ma caldo. Al naso esplode il bouquet agrumato ed erbaceo che spazia dal pompelmo all’eucalipto con una sensazione percettibile di malto e panificazione. L’assaggio è avvolgente, fresco, con un ingresso amaro e un finale acidulo, la sensazione tannica de verdicchio è moderata ma presente.

Un percorso “veloce” nel mondo di Birra dell’Eremo in continua evoluzione e sperimentazione.

Birra dell’Eremo

 

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