Quando si pensa alla viticoltura abruzzese, la mente non può che viaggiare tra altitudini elevati, roccia calcarea e lo spettacolo suggestivo dell’appennino che crea curve sinuose di uno skyline fatto di montagne e distese di vite tra Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo.
Fondamentalmente una regione che punta alla qualità con questi due vitigni autoctoni. È proprio questo il progetto che caratterizza il corpus del sapere fare di Valle Reale, azienda che ci ha ospitato e raccontato ab urbe condita della loro realtà vitivinicola circondata dal Gran Sasso e i monti Majella.
Le origini
Leonardo Pizzolo, veronese Doc, s’innamora di quella terra incastonata tra le montagne; nel ’99 fonda l’azienda a partire da 8 ettari sino a raggiungerne un totale di 45 ad oggi.
Vigne che s’insinuano tra diverse e diversificate zonazioni tra i comuni di Popoli e Capestrano, ognuna con un microclima e un microambiente, considerando anche Valle Reale, la sorgente da considerarsi letto di quel terreno calcareo, che andrà poi a caratterizzare ogni calice.
Proprio per queste condizioni che Leonardo decide di lavorare seguendo e rispettando il ciclo naturale della vite: lavorare in biodinamico senza definirsi tale.
Valle Reale, difatti, ne parla senza mai autodefinirsi viticoltori biodinamici, ma semplicemente guidati dai ritmi scanditi dalla natura: la presenza della sorgente, in primis, non avrebbe permesso in ogni caso un uso importante di trattamenti sul terreno per evitare di inquinare la falda acquifera.
La fermentazione spontanea
È nel 2007 che l’azienda approda al concetto di fermentazione spontanea e di lieviti indigeni, senza cioè inoculazione artificiale, perché fortemente convinta che la ricchissima biodiversità del luogo, possa contribuire in maniera efficace alla caratterizzazione dei lieviti che “regalano il 50% del bouquet del vino, mentre il restante rappresentato dal varietale” – racconta Elisabetta, colei che ci ha guidati con fare esperto e affabile, proseguendo: “la fermentazione spontanea altro non è che la conseguenza ovvia di un ambiente incontaminato e puro tra le montagne” –
I Vigneti e il clima
Il primo step della forma mentis di Leonardo è stato quello di ricercare, studiare e individuare parcelle particolarmente caratterizzanti del territorio e successivamente vigneti con condizioni pedoclimatiche diverse.
Inutile andare a sottolineare le forti escursioni termiche montane tra giorno e notte, acidità molto elevate e maturazioni fenoliche ritardate.
Valle Reale sì così parcellizza:
- Vigneto Capestrano: principium di quel processo di ricerca che ha portato alla comprensione di come dalla diversificazione dei cru a partire da stesso vitigno (clone), annata e vendemmia, potessero esprimere ed esprimersi con Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo con infinite sfumature.
- Vigna Capestrano è anche la più calda e con una caratterizzazione del varietale più marcante: il Montepulciano, ad esempio, è in questa zona di struttura. Non a caso, Capestrano è definita “il forno d’Abruzzo”.
- Vigneto S.Calisto: condizioni pedoclimatiche molto particolareggianti e biodiversità floristica rappresentata da oliveto e bosco che circondano la vigna. Il terreno è in larga misura sassoso con una componente argillosa. Qui i vini sono magri, snelli.
- Vigneto Sant’Eusanio: il vigneto più alto, ci troviamo infatti a quasi quota 500 m sl.m, circondato da una foresta di pini.
- Vigneto Popoli: il più antico di Valle Reale, meno calda di Capestrano e con una fitta vegetazione boschiva e selvaggia (anche chiaro il riferimento al lupo abruzzese, simbolo dell’azienda).
Il suolo di Valle Reale è prevalentemente sassoso e sciolto, terreni costituiti da scheletro e composti da argilla e sabbia. Le radici si sviluppano molto in profondità andando ad attingere i nutrimenti direttamente dalla sorgente.
“I grappoli si presentano piccoli e concentrati con radici potenti che spingono verso il basso per andare ad attingere alle sostanze nutritive da acqua ricca di minerali che ritroviamo nei calici stessi” – racconta con enfasi Elisabetta.
La Degustazione
C’inoltriamo con molto entusiasmo verso l’assaggio del Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo di Valle Reale:
- Montepulciano d’Abruzzo DOC, Vigneto Sant’Eusanio, 2017, 13,5%. 18 mesi di acciaio. Come sopra accennato, ci troviamo nella zona a più alta quota a fredda. Qui il Montepulciano fatica a maturare, proprio per la portata delle escursioni termiche. Nel calice il colore è di un rosso rubino molto luminoso, un cuore pieno ma con bordi al limite della trasparenza (qui abbiamo tutta la diversità di Valle Reale rispetto al convenzionale). Il naso è un’esplosione di profumi articolati che variano dai piccoli frutti rossi, alla violetta, sino alle sensazioni balsamiche, alpine, mentolate. All’assaggio abbiamo un corpo magro, poca struttura, un tannino vivace e una spiccata acidità ma al tempo stesso eleganza d’insieme dato anche da un finale minerale invitante.
- Montepulciano d’Abruzzo DOC, Vigneto di Popoli, 2011 13%. 24 mesi di acciaio. Annata straordinaria per i rossi. Un colore rubino profondo con una timida unghia aranciata. Il sottobosco, una rosa macerata, la liquirizia. Tannino astringente ma integrato, freschezza e balsamicità al palato. Un Montepulciano sicuramente “più potente”.
- Trebbiano d’Abruzzo, Vigneto Popoli 2016, 12%, 18 mesi acciaio. Lo stesso clone di Trebbiano è impiantato nel Vigneto di Capestrano. Definito in azienda il “Figlio della Gelata”. Lo si evince già a partire dal colore nel calice, un verdolino freddo, quasi cupo, senza però perdere mai la sua luminosità. Al naso ha una complessità tutta sua, spaziando tra la ginestra e la camomilla, la zagara e l’agrumato, note di miele e lime, mineralità quasi graffiante. All’assaggio è irriverente, un’acidità spinta, lunghissimo; torna e ritorna. Interessante e incuriosisce la sua futura evoluzione.
Termina qui la nostra immersione montana abruzzese nella realtà di Valle Reale. Una suggestiva visita che lascia il segno, ma soprattutto, regala una grande apertura